Descrizione Progetto
“La sindrome di Arianna”. Intervista a Gaia Dallera Ferrario
Gaia Dallera Ferrario è un’artista multimediale, la cui professione di web designer alimenta per natura lo stesso operato artistico. I diversi media utilizzati nelle sue installazioni variano dalla pittura all’assemblaggio di materiali eterogenei.
La sua ricerca, indirizzata all’analisi del percorso della vita e della sua memoria, offre uno sguardo sull’uomo in costante comunicazione con gli altri individui all’interno della complessa rete relazionale. Dunque avendo dimestichezza con le reti ed avendo a che fare con i labirinti del virtuale e dell’ingannevole realtà, la
Ferrario, tira le fila delle apparenze illusorie del mondo, dove spesso perdersi o ritrovarsi sono atti conoscitivi della stessa esperienza.
MRM– Gaia, tu in arte hai mostrato nel tempo una grande versatilità, passando per varie esperienze e àmbiti espressivi, quali la pittura, l’installazione e ultimamente anche la scultura. Ma qual è la forma d’arte che ti è più congeniale e che ritieni più idonea alla tua comunicazione?
GF– L’arte è versatile ed il suo prodotto è una creatura mutevole. Non vi è una forma d’arte che sento più idonea, ogni progetto nasce però per interagire nello spazio. In questo senso possiamo definire tutte le mie opere come installazioni, nonostante nascano in diversi ambiti espressivi.
MRM– tu sei partita dal concetto ambivalente di “rete”, con le sue connessioni ma anche con i suoi pericoli nel mondo di oggi, per poi concentrarti sull’identità e soprattutto sulla sua mancanza. Come si sta muovendo attualmente la tua ricerca?
GF– La mia ricerca attuale aspira, attraverso nuove tecniche in cui mi sto specializzando, a generare stupore nello spettatore, senza abbandonare le tematiche dell’Uomo nell’era di Internet.
MRM– Cosa consideri più importante in arte, l’esser-ci o l’essere?
GF– Esserci è ora, è Kronos. Essere è nel tempo, è Aion. Durante il processo creativo si ha la fortuna di esserci nell’essere. Credo sia questo sincronismo a rendere l’ispirazione uno stato tanto ricercato da artisti e pensatori di sempre.
MRM– Se tu potessi realizzare una grande opera, senza limiti di spazio, cosa sceglieresti di rappresentare?
GF– Immaginando un approccio esclusivamente manuale alla realizzazione dell’opera eliminare i limiti dell’uomo, più che quelli dello spazio! Allora realizzerei una grandissima forma perfetta: l’uovo cosmico. Metafora della creazione, della terra e della vita.
MRM- Preferisci solitamente le vie maestre o piuttosto i sentieri non battuti e impervi?
GF– Penso che sia attraverso i sentieri non battuti che il percorso diventa crescita e lascia memoria. Le vie maestre sono però interessanti da percorrere a ritroso, alla ricerca di tracce, sedimentazioni e memorie.
MRM– Qual è l’approccio al tuo lavoro, una sfida o una rigorosa disciplina?
GF– Il mio lavoro nasce da una sfida e si sviluppa con disciplina. Mi piace, del cambiare forme d’espressione, inventare ed applicare nuovi metodi.
MRM– So che sei reduce da due importanti esperienze espositive a Torino e a Milano, vuoi parlarcene?
GF– Certo, molto volentieri! A Torino ho partecipato a Paratissima, manifestazione off di Artissima, all’interno del progetto curato dalla direzione artistica dell’evento stesso ‘La rete di Indra. Tutto il mondo è connesso’. Qui ho presentato la mia ultima opera: “Faceblock”.
Si tratta della rappresentazione a grandezza naturale dell’icona del profilo di Facebook che, realizzata in vetro con la superficie trattata a specchio, esprime la fragilità e precarietà dell’individuo in contrapposizione ad un’apparenza solida e splendente.
Rappresenta in metafora il ritratto della massa di utenti che si riflette nell’opera stessa, come all’interno del social, deformandosi secondo uno schema fisso.
“Faceblock” è stato realizzato sull’isola di Murano, all’interno della prestigiosa fornace di Adriano Berengo che da tempo ha nobilitato l’arte della soffiatura del vetro ponendola al servizio dei più coraggiosi artisti di tutto il mondo.
A Milano ho invece realizzato una vetrina d’artista, in occasione della settimana della moda, presso “LaTenda Experience”. In quest’occasione ho esposto la mia opera ‘Quotidianamente’ composta da 3000 copie del Sole24Ore. Sono molto soddisfatta poiché, grazie alla visibilità di questo progetto, la redazione stessa del noto quotidiano mi ha dedicato un bellissimo articolo firmato da Ada Masoero dimostrando vivo interesse nel mio lavoro.
MRM– Tra i vuoti e i pieni, dove si fissa maggiormente la tua attenzione?
GF– Amo scandire ritmicamente lo spazio attraverso la presenza di oggetti, l’alternanza tra i vuoti ed i pieni. Concettualmente trovo invece più stimolante riflettere sul vuoto e sull’assenza.
MRM– Nell’arte che posto occupa secondo te il senso della morte?
GF– La morte è sempre presente, anche quando non è chiamata direttamente in causa. Da Caravaggio a Warhol fino a Kapoor. Persino nella più irriverente o giovanissima arte contemporanea la morte è presente nel provocatorio interrogativo: morirà prima l’artista, o la sua opera?
MRM– è vero che tutto ciò che pensiamo è approssimato per difetto rispetto a ciò che sentiamo?
GF– Auspicherei fosse cosi, ma forse lo è per pochi. Penso che oggi le persone parlino (o scrivano, sulle loro bacheche) fin troppo, a discapito del loro sentire. La dimensione dell’ascolto è un luogo prezioso, ed a buon intenditor…
MRM– l’arte è il prodotto della nostra vita oppure è la vita di un artista a produrre l’arte?
GF– L’esperienza della vita produce l’arte. E’ il proprio ascolto, tornando a prima potremmo dire il proprio modo di esserci nell’essere, che ne caratterizza l’espressione.
MRM– quanto conta per te l’apparire e quanto l’essenza? Hai trovato un compromesso tra gli opposti?
GF– Credo che la ricerca dell’essenza sia la chiave della crescita spirituale di una persona. Maturando non cerco più di rappresentarla ma la cerco dentro di me. Allora apparire diventa un gioco e come tale richiede minor sforzo a favore di una maggior spontaneità
MRM– Descrivimi la vita in una metafora.
GF– La vita è come l’ascolto di una partitura complessa che ci sfida ad individuarne la regola.
MRM– che cos’è la bellezza artistica per te? Ritieni che coincida con quella naturale o no?
GF– Penso che la bellezza artistica possa solo aspirare a quella naturale. D’altro canto l’imperfezione del prodotto dell’uomo ha un che di affascinante e dirompente.
MRM– Che cosa ti emoziona profondamente?
GF– Mi emozionano l’intesa emozionale con le persone e le sinergie inaspettate.
MRM– Come vedi il futuro dell’arte?
GF– L’arte è stata nel tempo strumento di informazione e denuncia, veicolo di cultura, sapienza, bellezza e provocazione. Mi piacerebbe che oggi, in questa grossolana e complessa contemporaneità, fosse tramite di eleganza e di positività.
MRM– I prossimi progetti per il tuo futuro?
GF– Sto preparando nuovi lavori artistici cimentandomi in forme espressive e applicazioni di metodo per me del tutto inediti, in stretto dialogo con la mia professione di web designer.
MRM– Che significa essere artisti nel mondo contemporaneo? Cos’ha significato per te esserlo?
GF– Essere artista è uno stato dell’animo. In un più quotidiano contesto sociale è un abito che esonera dal dover rispondere alle aspettative del tuo interlocutore. Ora che ci penso… è più inconfessabile questa risposta della precedente!
Maria Rita Montagnani